Music (Italy), July 1982: Difference between revisions
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Definito da Melody Maker “''the last pop genius''”, ovvero l’ultimo genio del pop, Nick Lowe può ben dire di portarsi addosso questa etichetta senza imbarazzo particolare. “''Nick the knife''”, terzo lp di Nick dal titolo spiritoso (parodia di “Mack the knife” tratto da “''L’opera de tre soldi''” di Kurt Weill), è un sunto squisito delle capacità pop melodiche del musicista. Lowe è uno che ha guardato dalla finestra gente come i Creedence Clearwater R., i Kinsk, gli Who, i Troggs, gli Yardbirds, ne ha captato lo spirito ed ha inventato una ''pelle musicale'' adatta per tutti i gusti. Ad una passione incontrollata per il rock’n’roll e per sixties (basta guardare la cover di “''Nick the knife''”), Lowe ha unito un attento studio dei fenomeni musicali degli ultimi anni, quali il reggae e la new-wave. Basta ascoltare alcune canzoni come “Heart”, “Burning”, “Couldn’t love you”, per captare la grandezza e la genialità di questo quarantenne. Di certo, Nick Lowe è uno dei musicisti che ha suonato, ha collaborato, ha conosciuto più di ogni altro personaggi e costumi del mondo musicale. | Definito da Melody Maker “''the last pop genius''”, ovvero l’ultimo genio del pop, Nick Lowe può ben dire di portarsi addosso questa etichetta senza imbarazzo particolare. “''Nick the knife''”, terzo lp di Nick dal titolo spiritoso (parodia di “Mack the knife” tratto da “''L’opera de tre soldi''” di Kurt Weill), è un sunto squisito delle capacità pop melodiche del musicista. Lowe è uno che ha guardato dalla finestra gente come i Creedence Clearwater R., i Kinsk, gli Who, i Troggs, gli Yardbirds, ne ha captato lo spirito ed ha inventato una ''pelle musicale'' adatta per tutti i gusti. Ad una passione incontrollata per il rock’n’roll e per sixties (basta guardare la cover di “''Nick the knife''”), Lowe ha unito un attento studio dei fenomeni musicali degli ultimi anni, quali il reggae e la new-wave. Basta ascoltare alcune canzoni come “Heart”, “Burning”, “Couldn’t love you”, per captare la grandezza e la genialità di questo quarantenne. Di certo, Nick Lowe è uno dei musicisti che ha suonato, ha collaborato, ha conosciuto più di ogni altro personaggi e costumi del mondo musicale. | ||
Dei suoi colleghi, specie di quelli con cui ha lavorato, Nick Lowe parla spesso e volentieri: “Dave Edmunds è stato per me più di un amico, ed è talmente passionale e grintoso nei riguardi del rock’n’roll che, se non conoscessi le origini del rock, sarei pronto a considerario l’inventore. Graham Parker è un animale da palconscenico, uno che dà tutto se stesso, riuscendo a creare un vero e proprio tramite con il pubblico: Elvis Costello aveva solo bisogno di credere nei suoi mezzi, di trovare fiducia: quando lo ha fatto, nessuno lo ha più fermato”. | |||
Se Nick Lowe è uno che ha dato molto al rock inglese ed internazionale, Graham Parker, in un certo modo una scoperta di Nick, non gli è da meno. Tutto nervi e grinta, Parker, dopo aver inciso “''Another grey area''”, settimo album della serie ed il primo senza i fidati Rumour, sta conducendo una tourneé americana che sfocerà in quella europea tra giugno e luglio. Passato in Italia poco tempo fa, Graham Parker ha potuto spiegarci alcuni momenti della sua lunga carriera ed, in special modo, che cosa significhi, per uno come lui, non più giovanissimo, fare musica nel 1980. | |||
- Perché hai lasciato i Rumour, una band che, raccolta l’eredità di Brinsley Schwartz, ti aveva supportato così bene sino ad oggi? | |||
- Dopo sei, sette dischi fatti con i Rumour era tempo di cambiare. Quando feci l’ultima tourneé con i Rumour, dopo l’incisione di “''The up Escalator''”, era diventato per me molto difficile suonare con questa band, perché eravamo assieme da troppo tempo, e non si riusciva a creare nulla che non si fosse già fatto prima. Avevo troppo bisogno di cambiare, di rinnovarmi: d’altronde io sono un artista solista, non posso avere la stessa band per sempre. | |||
Con “''Another grey area''” hai cambiato produttore, hai cambiato stile musicale. Cosa mi puoi dire al proposito? | |||
- Ho cambiato produttore molte volte, perché non ero mai rimasto pienamente soddisfatto dai miei dischi ed inoltre non volevo rifare le stesse cose, non volevo ripetermi. Ogni produttore ha uno stile ben preciso e, volente o nolente, ti influenza, anche se in minima parte. Ho scelto Jack Douglas, perché aveva produtto un album che amavo molto, “''Double fantasy''” di John Lennon e Yoko Ono, ma, probabilmente, già con il prossimo lp cambierò nuovamente, per provare qualcose di differente. Il mio stile è cambiato, ma ciò è stato fortemente voluto, come voluta e mia è stata la scelta di Nicky Hopkins al piano un vecchio amico; per questo nuovo album avevo scritto tre o quattro pezzi, in cui la caratteristica peculiare doveva essere il piano e cosi ho voluto Nicky, uno della mia generazione, perché solo lui può fare e sentire certe cose. | |||
- Quindi i quarantenni sembrano farla da padroni...<br> | |||
- Sicuramente. Vedi, musicalmente parlando, io ho bisogno di determinate sensazioni sia dal pubblico che dalla musica che eseguo. Ho sempre rifiutato di essere codifacto in un preciso movimento come poteva essere il pub rock, anche se i Rumour venivano dal cosiddetto pub rock, perché io scrivo canzoni indipendentemente dalle mode o da un certo tipo di gusto più in voga di un altro in quel preciso momento. Ho scelto, come ho già detto, Nicky Hopkins, uno non certo di primo pelo, poiché poteva assicurarmi determinate situazioni, cosi come ho voluto Brinsley Schwartz per le “live performances” che sto per affrontare, perché lo reputo uno dei migliori musicisti in circolazione oggi, specialmente per i concerti dal vivo. | |||
- Hai lavorato parecchio con Nick Lowe, un altro della tua leva. Casa mi puoi dire di lui? | |||
- Ok, Nick è un ottimo produttore, ha uno stile molto personale, ma il suo stile è molto rock ‘n’ roll, penso l’ideale per gli albums che produsse, ma non altrettanto oggi, un momento in cui voglio cambiare qualcosa. E’ una persona eccezionale con cui lavorare, è un amico, è un tipo che mi “piace” molto; mi ricordo che fece un ottimo lavoro sui miei albums, specie con “''Stick to me''”, fece tutto in una settimana, un lavoro molto duro, ma molto ben fatto in limiti così brevi. | |||
Questo è dunque Graham Parker, un performer dalle idee chiare, aperto ai cambiamenti più di altri suoi colleghi, ma anch’egli passionale e fedele alla sua matrice di base: il rock ‘n’ roll. Se Parker ha avuto un buon successo ed un seguito costante e crescente di pubblico in tutti questi anni, lo deve pure alla sua vecchia band che oggi ha lasciato, i Rumour. | |||
Brinsley Schwartz, chitarrista e cantante, a volte tastierista, oltre ad essere tuttora con Parker, era pure il perno centrale del disciolti Rumour e della band che prendeva il suo nome, in cuì, come abbiamo visto, militava pure Nick Lowe. Brinsley Schwartz è forse stato il primo gruppo veramente innovativo per quanto riguarda l’Inghilterra, poiché nato il un periodo, i primi settanta, in cuì l’hard rock ed il rock blues erano sacri: ma già a quel tempo per pretese sonore il gruppo era estremamente proiettato in prospettiva futura. | |||
La formula musicale che i Brinsley Schwartz (così si chiamava la band) adottarano in quegli anni (70-75) fu, certamente, rivoluzionaria: un misto di soul, R & B, rock, di impronta tipicamente americana, un sound che ancora oggi risulta attuale e gustoso. Ascoltando albums come “''Despite it all''” o “''Silver pistol''”, si può capire pure la filosofia di musicisti quali Nick Lowe, Dave Edmunds o Graham Parker, artisti che, volutamente o inconsciamente, si sono ispirati al solco lasciato da questa gloriosa band. A questo basta aggiungere che la formazione dei Brinsley Schwartz comprendeva personaggi come Nick Lowe, Brinsley Schwartz stesso, Billy Rankin, Bob Andrews e Ian Gomm, talenti naturali che oggi ritroviamo nelle line-up dei gruppi più conosciuti e validi. | |||
Se i Brinsley Schwartz vanno conosciuti assolutamente, molta attenzione merita pure un tipo particolarissimo, legato indirettemente a loro e, più direttamente a Nick Lowe, Elvis Costello. Lanciato dal talent-scout Nick Lowe, Elvis incominciò la sua carriera in quel magico anno 1977, quando la Stiff realizzò i suoi primi singoli. Il suo successo venne celebrato definitivamente sei mesi dopo, quando fece una trionfale tournée con Nick Lowe ed i Rockpile e Mink De Ville. A metà tra Buddy Holly ed Hank B. Marvin, un fisico da ridicolo giovincello del sixties, Costello giocò proprio sulla sua immagine quasi grottesca ed insignificante per imporsi ai gusti del pubblico. E’ un personaggio molto serio, che cura in ogni piccola parte le sue produzioni, con pignoleria a volte persino discutibile, ed instaura un rapporto col pubblico atto a soddisfare lo stesso con perfezione quasi computerizzata. Interessante, è pure la posizione in cui Costello si misura quotidianamente, tra attualità e gusto ''retro'', tra nuovo e vecchio. Per nulla sognatore, anzi forse troppo spesso crudamente legato alla realtà di tutti i giorni. Costello nei testi delle sue canzoni narra di sesso, droga, cultura, lavoro, frustrazioni dell’uomo medio, ma, cosa interessante e divertente, spesso a livello di immagine o di musica, si ispira alla ''old fashion'' del sixties e del fifties. Essempi lampanti in questo caso, sono la copertina di “''Trust''”, un omaggio ai films anni quaranta o la musica di “''jet happy''”, con una chiara impronta di ''motown sound'' abilmente rivisto e filtrato da Costello. | |||
In quattro anni e mezzo di attività Costello è riuscito a smuovere mezzo mondo, una vera forza della natura. Il fenomeno va analizzato anche in questa chiave: da quattro anni sulle scene, Elvis Costello ha una produzione discografica degna di dieci-quindici anni di attività , ma, quello che più stupisce, è la qualità di ogni lavoro, ogni volta ponderato e perfetto, mai ripetitivo e scialbo. Per la prima volta nei settanta, ci troviamo di fronte ad un musicista che nel mezzo di una ''densità vinilitica'' per numero e concentrazione davvero impressionante, ha saputo ragionare come un computer districandosi prova dopo prova con la stessa puntualità ed efficienza degli inizi. Per Elvis Costello, è impossibile segnalare questo o quel disco, poiché ogni microsolco ha una sua precisa identità, una sua storia, un suo preciso movente. | |||
Abbiamo tenuto per ultimo questro smunto ed occhialuto Buddy Holly degli ottanta, che, dietro a questa immagine volutamente ridicolizzata, nasconde un potenziale creativo come pochi nella storia del rock: questo perché Elvis Costello è forse l’emblema di questi ''vecchietti di una certa età'', capaci di tenere testa ai teen-agers dell’heavy metal alle stars da quattro soldi, alle big-bands americane ed inglesi, con la sola caparbietà di una generazione, con l’amore per la musica e la passione per il rock ‘n’ roll. Nick Lowe, Dave Edmunds, Brinsley Schwartz, Graham Parker, Elvis Costello, tutti musicisti con storie parallele, con diverse prerogative, ma con due cose in comune: i quarant’anni e la fatidica frase “I love rock ‘n’ roll”. | |||
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{{tags}}[[Dave Edmunds]] {{-}} [[Graham Parker]] {{-}} [[Nick Lowe]] {{-}} [[Brinsley Schwarz]] {{-}} [[Buddy Holly]] {{-}} [[:image:1979-06-00 Trouser Press pages 28-29.jpg|The Pub Rock afterglow]] {{-}} [[Rockpile]] {{-}} [[Shakin' Stevens]] {{-}} [[Stray Cats]] {{-}} [[Stiff]] {{-}} [[Bruce Springsteen]] {{-}} [[Mink DeVille]] {{-}} [[Bob Andrews]] {{-}} [[Trust]] {{-}} [[Get Happy!!]] | |||
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